venerdì 4 febbraio 2022

Il Molise fra Caciocavallo e Saggicciotto - Il racconto di Emanuele Spader

Il Molise, terra che alterna montagne innevate, colline e spiagge di sabbia, è una piccola Regione, incastonata tra l’Appennino e l’Adriatico, l’Abruzzo e la Puglia. E’ poco conosciuta, ma piena di piacevoli sorprese, tra cui una cucina autentica e sobria con piatti dai sapori decisi. Per quanto riguarda le carni, tipiche sono quelle di pecora e d’agnello, ma molto frequenti anche i piatti a base di maiale.  Una specialità sono i formaggi: ottime scamorze, trecce e ricotte, ma il re incontrastato è il Caciocavallo di Agnone, che ha crosta color nocciola e una forma di grossa pera, alta una ventina di centimetri.

Sul nome di questo formaggio tradizionale, tipico, oltre che di questa Regione, anche di Campania, Calabria, Puglia   e Sicilia, ancora si discute: chi lo spiega con l’uso antichissimo di legare le forme a coppie “a cavallo di un bastone”, altri dicono che in antico questo formaggio fosse prodotto da latte di giumenta, o che fossero trasportate a penzoloni in groppa ad un cavallo, ma forse la spiegazione più convincente è che il latte trasportato nelle otri in groppa ai cavalli si coagulava in una massa caseosa, assai gradevole. Certo è che l’uso di far pascolare le vacche liberamente conferisce al loro latte (ed anche più al formaggio che ne deriva) un sapore straordinario, con sentori di erbe e fiori.

In questo territorio incantato, la mia Guida, Emanuele Spader mi ha fatto assaggiare diversi tipi di salumi: dalla Ventricina di Montenero di Bisaccia, alla Soppressata di Rionero Sannitico, ma quello che mi è rimasto più impresso, (anche per il suo nome, che già ispira simpatia) è il Saggiciotto (o Sagiciotto),

E’ un salume preparato con tagli di prima scelta di suini allevati localmente in modo naturale In particolare vengono usati: coscia, lombo, capocollo ecc. rifilati da grasso e nervi, poi la carne è accuratamente macinata. All’impasto si uniscono poi cubetti di grasso poi si lavora bene l’impasto, condendo con sale e grani di pepe e si insacca in budello naturale e legandolo poi il tutto per formare dei salsicciotti. Il salume è poi esposto al fumo in appositi locali e lasciato asciugare per circa una settimana; segue un periodo di stagionatura che si protrae mediamente per circa tre mesi. Il risultato un salume dalla consistenza morbida e di media compattezza; il suo profumo é delicato; il sapore sapido, speziato e caratteristico, ottimo da gustare al naturale con pane, patate arrosto o zucchine sott’aceto ed abbinato a vini bianchi freschi, giovani, di buona acidità e medio corpo.

Ah dimenticavo di dire che quando siamo stati ad Agnone per degustare il Caciocavallo abbiamo ammirato anche un’Azienda che prosegue la tradizionale produzione locale di campane (documentata da quasi mille anni): quella che oggi può a pieno titolo definirsi la “fonderia del Papa”: la Pontificia fonderia di campane Marinelli.





E dopo queste meravigliose (e gustose) scoperte, le campane hanno suonato a festa!

Gianluigi Pagano 




Tra i borghi merita una sosta Bagnoli del Trigno, arrivato nella finale di Borghi dei Borghi proposta dalla trasmissione di Rai 3 Alle falde del Kilimangiaro. È raccolto intorno a una rupe per la sua collocazione a ridosso della roccia, con la chiesa di San Silvestro incastrata tra due rupi e il Castello Sanfelice che svetta in cima al paese. Agnone, il paese delle campane, si trova su un crinale roccioso nella Valle del Verrino e il suo splendido centro medievale è punteggiato da palazzi in pietra e da tante chiese: quella dedicata a San Marco spicca per bellezza. Qui vi ha sede la Pontificia Fonderia Marinelli che fabbrica campane dal 1300. Un salto a Isernia, per procedere in direzione Sepino, situato ai piedi del Matese e aperto sulla valle del Tammaro, con la città romana preceduta da un centro fortificato di epoca sannitica che sorge sulla montagna retrostante, detta di Terravecchia. Da qui ripartite direzione mare, passando per Campobasso, fino a raggiungere la strada lungo il fiume Biferno che attraversa  il lago di Guardialfiera, per giungere a Termoli, l’antico borgo marinaro delimitato da un muraglione che cade a picco sul mare.

MANGIARE

Isernia la tappa obbligatoria è da Existo Osteria Molisana (corso Marcelli, 317). La creatura di Carlo Pagano è molto attenta ai prodotti locali, che sono usati per i piatti dell’osteria. In menu c’è la tradizione molisana rivisitata ad arte, quindi meritano una menzione la pallotta cacio e uova, la cipollata d’Isernia con uovo cotto a bassa temperatura e cipolla fondente con Caciocavallo e carciofo. Tra i primi provate i crioli unto e cacio e la sagna mbuttita Sciuè Sciuè con agnello cacio e uova, carciofi e zafferano, e per terminare ordinate un Molisù.


Ad Agnone l’indirizzo da segnare in agenda è la Locanda Mammì (Contrada Castelnuovo, 86): questo è il regno di Stefania Di Pasquo, allieva di Niko Romito, che propone una cucina di alto livello dove spiccano piatti come la Lingua con finocchi e arance, l’Hamburger di agnello con maionese ai lamponi, la Spigola con carciofi e mousse di spigola e i Tortellini di manzo in brodo di erbe. Arrivando al mare, sostate a Termoli per mangiare all’Osteria Dentro Le Mura (via Federico II di Svevia, 3). L’Osteria ha ottenuto la chiocciola nella guida delle Osterie di Slow Food e Antonio Terzano e sua moglie Lina gestiscono con passione l’osteria di mare che salvaguarda la cucina genuina e locale. Tra i piatti da provare: la parmigiana di alici, il moscardino in purgatorio, il brodetto alla termolese e l’Osmosi, un passaggio e una fusione tra elementi come la rana pescatrice e il tartufo nero, presentato all’ultima edizione della BIT a Milano.

COMPRARE



Il pane tipico è il Parrozzo molisano, il pane rozzo molisano di origine contadina dalla forma emisferica. Tra i formaggi, la regione è la patria del Caciocavallo e del Caprino di Montefalcone del Sannio, che si produce tra aprile e settembre con latte crudo di capre di razza autoctona allevate in montagna allo stato brado. Lo si utilizza anche grattugiato in diverse specialità tradizionali, come l’agnello cacio e ova. La regina dei salumi è la Soppressata Molisana, composta prevalentemente da polpa suina pregiata come filetti, lombo e capocollo a cui è aggiunta una quantità di grasso non superiore al 3%.

Le vigne di Tintilia

La Tintilia è il vino e il vitigno simbolo del Molise: vale la pena arrivare fino a San Felice del Molise dal vignaiolo Claudio Cipressi per fare una visita in cantina e tra i vigneti. Assaggi da botte e non solo, in attesa che sia terminata la nuova struttura che vedrà insieme cantina e vendita diretta. La Tintilia Baccarossa è quel vino dove il Molise entra nel cuore. Dulcis in fundo, una visita alla Confetteria Papa-Dolceamaro di Monteroduni (s.s. 85 km 32,896): è specializzata in confetteria e produzione di cioccolato e ha piantato un grande mandorleto da 250 ettari, così i confetti sono ancora più pregiati.

DORMIRE

La colazione della Locanda Mammì





La Locanda Mammì ad Agnone funge anche da locanda e dispone di 7 camere arredate con gusto e tutte in maniera diversa. Con il pernottamento è compresa una colazione da re: Stefania di Pasquo ama mettere in tavola, biscotti, torte, succhi di frutta, muffin e crostatine, tutte rigorosamente preparate nella cucina della locanda. A Termoli invece c’è un albergo diffuso la Residenza Sveva (piazza Duomo, 11), un esempio unico di ricettività alternativa, tesa al recupero e alla valorizzazione di abitazioni di un certo pregio nell’ambito del borgo antico di Termoli. L’albergo diffuso è un albergo orizzontale situato nei Centri Storici, con camere e servizi dislocati in edifici diversi seppure vicini tra loro, che si rivolge a una clientela interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri.


IL DELIZIOSO PROSCIUTTO COTTO DI SAN MARINO - Il racconto di Emanuele Spader

 

La Via dei Norcini è un itinerario leggendario per scoprire in oltre sei Paesi Europei, gli artigiani del gusto della salumeria. Il Cammino della Via Norcini riprende con altre cinque tappe, che avranno come partner d'informazione il Salumificio Spader di Mosnigo di Moriago della Battaglia(TV) ; San Marino, l'Emilia Romagna, l'Alto Molise, le Marche e la Puglia sono le 'soste gustose' di questo itinerario di Borghi d'Europa.


Fra le tante delizie caratteristiche di San Marino, una delle più memorabili è certamente il Prosciutto Cotto, dell’Azienda San Marino Salumi. La caratteristica principale consiste in un originale metodo di lavorazione, che chiamano “senza fretta, senza paragone”, della durata di 31 giorni, contro i 7 normalmente utilizzati, che conferisce ai Prosciutti Cotti San Marino maggiore digeribilità e li rende ricchi di aminoacidi essenziali. Non solo, ma la siringatura manuale in vena, meno invasiva di quella tradizionale, permette una più estesa diffusione della salina attraverso le vene presenti nella coscia, così da preservare al meglio le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche della materia prima, grazie anche all’assenza di massaggio meccanico, sostituita da una lunga permanenza in “marinatura” con relativa trasformazione enzimatica.

Le caratteristiche di tale prodotto sono molto interessanti: innanzi tutto, come abbiamo detto, è ricco di aminoacidi essenziali; inoltre è senza allergeni, quindi adatto anche per chi soffre di allergie al glutine o al latte; inoltre presentano un basso contenuto di sodio (sotto il 2%), sono senza addensanti ed esaltatori di sapidità (es. glutammato monosodico) che esaltano artificialmente il sapore del prodotto ed infine, senza nitrati; ultima caratteristica, ma non meno importante, utilizzano solo aromi naturali.

Naturalmente l’Azienda produce diverse varietà di questo prodotto, come quello tartufato, quello alle erbe a quello fumè, senza contare altri prodotti come Petto di tacchino arrosto, Arista di Suino, Bacon fumè, e, da poco tempo un delizioso Pastrami, (sì avete capito bene, quello che nella celebre scena del film “Harry ti presento Sally”, in cui Meg Ryan finge un orgasmo al tavolo di un ristorante di New York; come ricorderete il protagonista a tavola è proprio un sandwich al pastram!)

Anche “lo mio maestro", come diceva Dante, cioè Emanuele Spader ebbe parole di lode per questi prodotti, forse un po’ meno saporiti di quelli analoghi di sua produzione, ma senz’altro altrettanto validi.

Gianluigi Pagano


mercoledì 2 febbraio 2022

Il Molise fra Caciocavallo e Saggicciotto - Il racconto di Emanuele Spader


 


Il Molise, terra che alterna montagne innevate, colline e spiagge di sabbia, è una piccola Regione, incastonata tra l’Appennino e l’Adriatico, l’Abruzzo e la Puglia. E’ poco conosciuta, ma piena di piacevoli sorprese, tra cui una cucina autentica e sobria con piatti dai sapori decisi. Per quanto riguarda le carni, tipiche sono quelle di pecora e d’agnello, ma molto frequenti anche i piatti a base di maiale.  Una specialità sono i formaggi: ottime scamorze, trecce e ricotte, ma il re incontrastato è il Caciocavallo di Agnone, che ha crosta color nocciola e una forma di grossa pera, alta una ventina di centimetri.

Sul nome di questo formaggio tradizionale, tipico, oltre che di questa Regione, anche di Campania, Calabria, Puglia   e Sicilia, ancora si discute: chi lo spiega con l’uso antichissimo di legare le forme a coppie “a cavallo di un bastone”, altri dicono che in antico questo formaggio fosse prodotto da latte di giumenta, o che fossero trasportate a penzoloni in groppa ad un cavallo, ma forse la spiegazione più convincente è che il latte trasportato nelle otri in groppa ai cavalli si coagulava in una massa caseosa, assai gradevole. Certo è che l’uso di far pascolare le vacche liberamente conferisce al loro latte (ed anche più al formaggio che ne deriva) un sapore straordinario, con sentori di erbe e fiori.

In questo territorio incantato, la mia Guida, Emanuele Spader mi ha fatto assaggiare diversi tipi di salumi: dalla Ventricina di Montenero di Bisaccia, alla Soppressata di Rionero Sannitico, ma quello che mi è rimasto più impresso, (anche per il suo nome, che già ispira simpatia) è il Saggiciotto (o Sagiciotto),

E’ un salume preparato con tagli di prima scelta di suini allevati localmente in modo naturale In particolare vengono usati: coscia, lombo, capocollo ecc. rifilati da grasso e nervi, poi la carne è accuratamente macinata. All’impasto si uniscono poi cubetti di grasso poi si lavora bene l’impasto, condendo con sale e grani di pepe e si insacca in budello naturale e legandolo poi il tutto per formare dei salsicciotti. Il salume è poi esposto al fumo in appositi locali e lasciato asciugare per circa una settimana; segue un periodo di stagionatura che si protrae mediamente per circa tre mesi. Il risultato un salume dalla consistenza morbida e di media compattezza; il suo profumo é delicato; il sapore sapido, speziato e caratteristico, ottimo da gustare al naturale con pane, patate arrosto o zucchine sott’aceto ed abbinato a vini bianchi freschi, giovani, di buona acidità e medio corpo.

Ah dimenticavo di dire che quando siamo stati ad Agnone per degustare il Caciocavallo abbiamo ammirato anche un’Azienda che prosegue la tradizionale produzione locale di campane (documentata da quasi mille anni): quella che oggi può a pieno titolo definirsi la “fonderia del Papa”: la Pontificia fonderia di campane Marinelli.





E dopo queste meravigliose (e gustose) scoperte, le campane hanno suonato a festa!

Gianluigi Pagano 




Tra i borghi merita una sosta Bagnoli del Trigno, arrivato nella finale di Borghi dei Borghi proposta dalla trasmissione di Rai 3 Alle falde del Kilimangiaro. È raccolto intorno a una rupe per la sua collocazione a ridosso della roccia, con la chiesa di San Silvestro incastrata tra due rupi e il Castello Sanfelice che svetta in cima al paese. Agnone, il paese delle campane, si trova su un crinale roccioso nella Valle del Verrino e il suo splendido centro medievale è punteggiato da palazzi in pietra e da tante chiese: quella dedicata a San Marco spicca per bellezza. Qui vi ha sede la Pontificia Fonderia Marinelli che fabbrica campane dal 1300. Un salto a Isernia, per procedere in direzione Sepino, situato ai piedi del Matese e aperto sulla valle del Tammaro, con la città romana preceduta da un centro fortificato di epoca sannitica che sorge sulla montagna retrostante, detta di Terravecchia. Da qui ripartite direzione mare, passando per Campobasso, fino a raggiungere la strada lungo il fiume Biferno che attraversa  il lago di Guardialfiera, per giungere a Termoli, l’antico borgo marinaro delimitato da un muraglione che cade a picco sul mare.

MANGIARE

Isernia la tappa obbligatoria è da Existo Osteria Molisana (corso Marcelli, 317). La creatura di Carlo Pagano è molto attenta ai prodotti locali, che sono usati per i piatti dell’osteria. In menu c’è la tradizione molisana rivisitata ad arte, quindi meritano una menzione la pallotta cacio e uova, la cipollata d’Isernia con uovo cotto a bassa temperatura e cipolla fondente con Caciocavallo e carciofo. Tra i primi provate i crioli unto e cacio e la sagna mbuttita Sciuè Sciuè con agnello cacio e uova, carciofi e zafferano, e per terminare ordinate un Molisù.


Ad Agnone l’indirizzo da segnare in agenda è la Locanda Mammì (Contrada Castelnuovo, 86): questo è il regno di Stefania Di Pasquo, allieva di Niko Romito, che propone una cucina di alto livello dove spiccano piatti come la Lingua con finocchi e arance, l’Hamburger di agnello con maionese ai lamponi, la Spigola con carciofi e mousse di spigola e i Tortellini di manzo in brodo di erbe. Arrivando al mare, sostate a Termoli per mangiare all’Osteria Dentro Le Mura (via Federico II di Svevia, 3). L’Osteria ha ottenuto la chiocciola nella guida delle Osterie di Slow Food e Antonio Terzano e sua moglie Lina gestiscono con passione l’osteria di mare che salvaguarda la cucina genuina e locale. Tra i piatti da provare: la parmigiana di alici, il moscardino in purgatorio, il brodetto alla termolese e l’Osmosi, un passaggio e una fusione tra elementi come la rana pescatrice e il tartufo nero, presentato all’ultima edizione della BIT a Milano.

COMPRARE



Il pane tipico è il Parrozzo molisano, il pane rozzo molisano di origine contadina dalla forma emisferica. Tra i formaggi, la regione è la patria del Caciocavallo e del Caprino di Montefalcone del Sannio, che si produce tra aprile e settembre con latte crudo di capre di razza autoctona allevate in montagna allo stato brado. Lo si utilizza anche grattugiato in diverse specialità tradizionali, come l’agnello cacio e ova. La regina dei salumi è la Soppressata Molisana, composta prevalentemente da polpa suina pregiata come filetti, lombo e capocollo a cui è aggiunta una quantità di grasso non superiore al 3%.

Le vigne di Tintilia

La Tintilia è il vino e il vitigno simbolo del Molise: vale la pena arrivare fino a San Felice del Molise dal vignaiolo Claudio Cipressi per fare una visita in cantina e tra i vigneti. Assaggi da botte e non solo, in attesa che sia terminata la nuova struttura che vedrà insieme cantina e vendita diretta. La Tintilia Baccarossa è quel vino dove il Molise entra nel cuore. Dulcis in fundo, una visita alla Confetteria Papa-Dolceamaro di Monteroduni (s.s. 85 km 32,896): è specializzata in confetteria e produzione di cioccolato e ha piantato un grande mandorleto da 250 ettari, così i confetti sono ancora più pregiati.

DORMIRE

La colazione della Locanda Mammì





La Locanda Mammì ad Agnone funge anche da locanda e dispone di 7 camere arredate con gusto e tutte in maniera diversa. Con il pernottamento è compresa una colazione da re: Stefania di Pasquo ama mettere in tavola, biscotti, torte, succhi di frutta, muffin e crostatine, tutte rigorosamente preparate nella cucina della locanda. A Termoli invece c’è un albergo diffuso la Residenza Sveva (piazza Duomo, 11), un esempio unico di ricettività alternativa, tesa al recupero e alla valorizzazione di abitazioni di un certo pregio nell’ambito del borgo antico di Termoli. L’albergo diffuso è un albergo orizzontale situato nei Centri Storici, con camere e servizi dislocati in edifici diversi seppure vicini tra loro, che si rivolge a una clientela interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri.



 

martedì 1 febbraio 2022

Eurovinum : Azienda Agricola Moro Sergio – Farra di Soligo (TV) Il “colfondo” delle Colline Trevigiane

 






In via Crede a Farra di Soligo (TV), tra le colline di Conegliano e Valdobbiadene, in un incantevole e scenico paesaggio, inserito dal 2019 tra i Patrimoni Mondiali dell’UNESCO, Sergio Moro e il figlio Erik gestiscono l’azienda di famiglia di circa 3,5 ettari. Nelle vigne, le piante di Glera - un vitigno a bacca bianca storicamente presente nel territorio Trevigiano - poggiano su terreni calcareo argillosi con marne e arenarie, particolarmente adatti per la coltivazione della vite.

La storia dell’Azienda Agricola Moro, come mi racconta Erik, è strettamente legata a quella del luogo. Nel 1972 la famiglia acquista i terreni, già lavorati in mezzadria dal nonno Domenico, e nasce l’Azienda Agricola Moro Fratelli. Nel 1992, in seguito alla divisione della proprietà, nasce l’attuale realtà produttiva. Un progetto agricolo che, grazie anche all’esperienza acquisita negli anni, ha aumentato il livello qualitativo dei vini, privilegiando l’imbottigliamento alla vendita del prodotto sfuso. Un ulteriore miglioramento al livello qualitativo dell’intera produzione è avvenuto, nell’anno 2010 con la costruzione della nuova cantina.

Erik è un giovane vignaiolo preparato e motivato, attento alla sperimentazione e all’innovazione; un percorso di ricerca, il suo, con lo scopo di valorizzare le potenzialità espressive delle uve. Essere nato in una famiglia contadina dove il lavoro ruota attorno alla terra, il legame con l’ambiente e l’amore per il mondo del vino lo hanno portato a scegliere il percorso di studi di perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia per continuare la tradizione di famiglia prendendosi cura, con il padre Sergio, dell’intero processo produttivo, dalle lavorazioni in vigna sino alle fasi della vinificazione.


In vigna la coltivazione segue le regole dell’agricoltura convenzionale con particolare attenzione per l’ambiente. Tra i filari di varietà Glera sono presenti alcuni vecchi ceppi risalenti agli anni ’70 e ‘ 80, che producono meno grappoli ma donano un’uva più concentrata. Il sistema di allevamento è a cappuccina modificato; la potatura manuale e la piegatura dei tralci vengono effettuate in funzione delle fasi lunari.

In cantina le uve, lavorate in purezza, sono trattate nel rispetto della materia prima per garantire al consumatore dei vini che sono il frutto di un lavoro che custodisce la peculiarità di un’area produttiva di pregio dove il vitigno prosecco, o glera come ora viene chiamato, trova la sua massima espressione. Una prassi artigianale ed una filosofia produttiva che integra le conoscenze e i saperi con il rispetto per la natura e la valorizzazione del vitigno. La produzione annua aziendale è di circa 20.000 bottiglie.

La gamma dei vini rappresenta la produzione dell’area Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG. Le diverse tipologie di Glera nelle versioni: Prosecco Spumante Extra Dry DOCG, Spumante Brut “Prà Alt”, Prosecco Tranquillo “Beato”, Prosecco Frizzante “Bel Veder”, Prosecco Frizzante DOC sono completate dai vini colfondo, da uve glera raccolte a mano, il Cum Vitae - affinato a contatto con legno vergine - e il Batistàra – Colli Trevigiani IGT Colfondo.

Il frizzante colfondo Batistàra, soprannome con il quale era conosciuta la Famiglia Moro, fa parte del progetto ”Colfondo Agricolo”. Un progetto nato dalla volontà di quattordici vignaioli per salvaguardare e valorizzare i rifermentati in bottiglia, conosciuti anche come vini col fondo, sur lie o sui lieviti. Il prosecco colfondo è il frizzante della tradizione rurale delle colline di Valdobbiadene, Conegliano ed Asolo. I lieviti contenuti nella bottiglia, con i primi tepori primaverili riprendono la fermentazione e, una volta terminata la loro azione, si depositano sul fondo della bottiglia; il vino risulta frizzante, secco e longevo.

Una fascetta di colore diverso per ogni annata differenzia le bottiglie rigorosamente chiuse con tappo a corona. Ogni bottiglia, che deriva da uve selezionate dei Colli Trevigiani, è l’autentica interpretazione di ciascun produttore e trasmette la peculiarità del terroir e dell’annata da cui proviene. “Un vino lento, rispettoso del tempo e dei tempi”, che mantiene la tipica fragranza e freschezza di questa tipologia di vino. “Non una bevanda, ma la sublimazione di una vita, quella del vignaiolo”, come testimoniano i vignaioli come Erik, che aderiscono al progetto Colfondo Agricolo.

L’Azienda Agricola Moro Sergio appartiene alla FIVI - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. L’organizzazione rappresenta e promuove i vignaioli che seguono direttamente tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione della vigna, alla trasformazione dell’uva in vino, fino all’imbottigliamento ed alla vendita. Un’agricoltura che parte dalla terra, l’espressione di un fare artigianale e non standardizzato di coltivare la vite e vinificare le uve.

Una visita alla Cantina Moro Sergio, come sottolinea Erik, permette agli addetti ai lavori, agli appassionati e ai consumatori di degustare e scoprire i vini della cantina per comprendere l’intero percorso di produzione. Le visite in azienda consentono agli appassionati di ascoltare dalle parole del produttore il racconto del vino nato dal territorio e di scoprire la relazione tra luogo di origine, vitigno e mano dell’uomo. Conoscere l’intera filiera produttiva è garanzia di trasparenza e di qualità per i degustatori che apprezzano una viticoltura sempre più sensibile al mantenimento ed alla conservazione dell’ambiente.






Antonella Pianca





In degustazione:



Batistàra 2019 - Colli Trevigiani IGT – Frizzante Colfondo - alc. 10,5% vol.

Giallo paglierino con una piacevole e persistente effervescenza. All’olfatto, una sottile nota fragrante di lievito si accompagna a freschi profumi floreali e fruttati di pesca bianca, mela, pera, agrumi, con cenni minerali. Il sorso è fresco, tonico dal finale sapido.



Cum Vitae - Col Fondo Vino Frizzante - alc. 11% vol.

Giallo paglierino; il corredo olfattivo si apre con profumi di lievito e crosta di pane, aromi di frutta bianca matura ed erbe officinali. Palato dal gusto pieno sostenuto da freschezza e sapidità minerale. Il vino verrà chiamato Crede per menzionare i terreni argillosi dell’azienda che poggiano sulla roccia madre.



Vini freschi con una fine bollicina ed un variegato corredo aromatico, una tipologia artigianale sempre più apprezzata. Una beva gustosa ed appagante che ben si accompagna a pane e soppressa, “l’insaccato più prestigioso della Marca Trevigiana”, oppure da gustare in abbinamento ai tagliolini ai fiori di zucca.